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DISSERTAZIONE DI DOTTORATO
[2001-02]

STROLA Germana, O.C.S.O.

Il desiderio di Dio. Studio dei Sal 42-43

Mod.: R.P. Pietro Bovati, S.J.

La presente dissertazione è dedicata allo studio dei Sal 42-43, considerati sotto la particolare angolatura del desiderio di Dio: seguendo con acribia le tappe dell’esegesi scientifica contemporanea, attraverso l’esame accurato del testo la ricerca intende mettere a fuoco soprattutto la rappresentazione di una esperienza antropologica. Infatti, allo stesso modo in cui il desiderio dell’Altro costituisce il dinamismo fondamentale del vivere, ed è intrinsecamente connesso con l’assenza, così il desiderio del Dio Vivente, sperimentato nell’arsura dell’esilio, coincide per l’orante dei Sal 42-43 con l’anelito verso la Vita.

    Dopo la giustificazione della lettura di una sola sequenza letteraria e la considerazione del contesto immediato del salterio elohista, vengono esaminate ordinatamente le singole unità compositive. Pur nel carattere prevalentemente tecnico -- filologico e lessicografico -- della dissertazione, si aprono delle interessanti prospettive ermeneutiche. Una linea semantica di carattere cultuale -- come attesta la ripresa di immagini e formule tecniche relative al Tempio e alla celebrazione liturgica in Sal 42,3.5 e 43,3-4 -- depone in favore di una probabile appartenenza dell’autore all’ambito levitico o sacerdotale. Il parallelismo con tematiche e immagini presenti nel profetismo esilico e post-esilico -- ad esempio, la sete degli esuli, il cibo di lagrime, lo scherno delle nazioni, la rilevanza di Sion e del Tempio -- permette inoltre, al di là di una verosimile datazione storica, di leggere nell’esperienza dell’orante una rappresentazione in chiave individuale dell’esilio di Israele e la lettura del ritorno al monte di Dio come una immagine di una riconciliazione dopo l’esilio. Il desiderio dell’orante è infatti indissolubilmente connesso con la drammaticità di una prova, per tanti aspetti simile a quella di chi ha sperimentato il compiersi su di sé del rigetto di Dio e della maledizione, così come descrivono alcune lamentazioni esiliche e post-esiliche (nel salterio di Qorah: Sal 43; 88; cf. inoltre

    Tuttavia, la frequenza di formule stereotipe e convenzionali caratteristiche del genere letterario non rende possibile una ricostruzione storica in senso univoco, ma consente d’altro lato l’appropriazione della sequenza in chiave personale e liturgica, per una sua riattualizzazione in qualsiasi esperienza di lontananza / desiderio. La sequenza non è per questo priva di vigore poetico, come attesta la sua celebrità nella storia dell’esegesi e della spiritualità occidentale. Interessante è soprattutto la forma del dialogo interiore, da cui traspare una lucida autocoscienza del movimento frequentemente circolare delle vibrazioni del mondo emotivo, e la confluenza nel desiderio di Dio di una vasta gamma di sentimenti e di dinamiche spirituali: dal ripiegamento sulla gioia di un tempo con i movimenti regressivi della nostalgia e del rimpianto, al recupero - per tanti aspetti inspiegabile -- della speranza che riemerge dal contatto con le memorie del passato; dall’abbattimento sotto i flutti della prova, all’ardire di questionare Dio nel suo agire contraddittorio rispetto alla sua hesed; dall’invocazione dell’intervento di Dio giudice difensore della vittima, all’anticipo dell’allegrezza del compimento del voto di rendimento di grazie. I Sal 42 - 43 si prestano in tal modo allo studio dei sentimenti e alla loro rilevanza nell’esperienza della preghiera.

    La dinamica del desiderio di Dio emerge plasticamente non solo nella sua articolazione con l’assenza e la prova, ma anche con il tempo e lo spazio, le coordinate fondamentali della vita umana. Il desiderio unifica il tempo dell’uomo attraversandone il passato ed orientando il presente verso il futuro (Sal 42,5.6.9.12; 43.5), protendendo dalla lontananza (descritta con immagini misteriose di regioni del Nord e metafore mitiche dell’annegamento e della dissoluzione, Sal 42,7-8) verso il centro dove Dio abita, il Tempio, luogo della comunione, della reciprocità e della gioia (Sal 42,4).

    Le ripetizioni di formule uguali che ritmano la sequenza, soprattutto le tre ricorrenze del ritornello, non sono solo caratteristiche retoriche formali, ma risultano significative proprio nella rappresentazione di una dinamica antropologica nei suoi caratteri ciclici e ripetitivi. È significativo, infatti, il fatto che al termine della composizione ritorni una formula di autoesortazione alla speranza e alla certezza del compimento del desiderio, dopo l’anticipazione esultante della gioia del ritorno al Monte di Sion. La percezione di una separazione dalla Presenza che sazia pienamente ogni anelito è una condizione che non abbandonerà mai l’esperienza dell’uomo, quale essere di desiderio: sempre la persona dell’uomo aspirerà all’incontro con il Tu, di cui non ha pienamente esperienza, se non come una certezza promessa per sempre, anche nelle lacrime o nell’incipiente realizzazione del suo anelito.

    L’apporto più significativo della dissertazione si situa così nella coniugazione dell’accuratezza dell’analisi con le prospettive ermeneutiche che vengono aperte in prospettiva antropologica, raccolte nelle brevi sintesi che concludono le varie parti dell’esposizione.