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DISSERTAZIONI DI DOTTORATO
2005-2006

ROSSETTI Marco, S.D.B.

Giuseppe negli scritti di Qumran. Studio sulla figura del patriarca a partire da 4Q372 1

Mod.: Prof. Joseph SIEVERS

Il contributo, volto a rintracciare l’interesse per il patriarca Giuseppe nei Rotoli del Mar Morto, si presenta come un complemento ai numerosi commentari di carattere eminentemente filologico fino ad oggi pubblicati intorno a quegli scritti. Un desiderio soggiace all’intera sua composizione: porre 4Q372 1 e gli altri frammenti ad esso correlati in seno a contesti letterari larghi – a tal fine ampi florilegi di testi biblici ed extra biblici sono contenuti nella prima parte dello studio e ne costituiscono i presupposti – compiendo sui testimoni rilevanti un’analisi letteraria il più possibile vasta.
   La quantità del materiale qumranico reperito attesta una buona attenzione per la figura del patriarca. La sua persona vi viene riletta con quasi tutta quella ricchezza interpretativa che emerge da alcuni testi del Primo Testamento, dove si rileva l’applicazione a Giuseppe di un modello interpretativo segnato da un’innegabile tensione tra un’identità individuale ed una collettiva. Le testimonianze qumraniche sono riconducibili a quattro gruppi di frammenti dei quali quello di gran lunga più rilevante è definito da una serie di scritti che attestano la produzione di nuove opere ispirate a Gn 37–50. Alcune di queste composizioni denoterebbero una rilettura in chiave sapienziale della figura del patriarca. Tra di esse eccelle il frammento 4Q372 1 1-31, la cui composizione dovrebbe essere posta tra il 200 ed il 114-107 a.C. Esso è esempio di rilettura di vicende passate: fatti storici ispirati all’esilio, al post-esilio e alla polemica antisamaritana vengono elevati a paradigma di eventi prova cui Dio può sottoporre il suo popolo ed attualizzati per anni di rinnovata difficoltà. Un intento esortativo congiunto ad uno didattico permea l’intera composizione. Di origine non qumranica, essa venne conservata dagli uomini di Qumran forse perchè il suo contenuto poteva in qualche modo corrispondere al loro spirito di integrità religiosa, inteso come strenua resistenza contro ogni forma di sfida che potesse contrastare la fede nel Dio di Israele.
   Il materiale contenuto in 4Q372 1 appare bipartito in due sezioni tra loro correlate. Le ll. 1-16a contengono stralci di un testo narrativo sul tema dell’apostasia; vi campeggia la figura di Giuseppe, sulla cui personalità corporativa non dovrebbero esserci dubbi. Le ll. 16b-31 attestano parti di una composizione dai tratti «quasi poetici» riconoscibile come una supplica di intercessione in cui convergono alcuni tratti tipici della lamentazione individuale e della lode. La presenza di lessico sapienziale nella sezione eucologica, particolarmente nella l. 27, ma anche nelle ll. 17b-19a.28, mette in crisi l’affermazione, normalmente ritenuta dagli autori, della personalità corporativa rivestita dell’orante Giuseppe nelle ll. 16b-31. La nostra ipotesi sosterebbe invece che a pregare sia il patriarca. 4Q372 1 si attesterebbe pertanto come uno scritto in cui si propone per uno stesso personaggio un processo di abbinamento di identità in tensione tra l’individuale ed il collettivo. È fondamentalmente lo stesso procedimento che si registra a proposito di Giuseppe in Dt 33,13-17, ma anche in Dn 7,13; 9,1-20 ed in Ap 12,1-6. Si attesterebbe allora l’esistenza di un fenomeno di analogia tra alcuni testi nei quali sembrerebbe farsi strada un’antropologia secondo cui in un unico soggetto, che si distingue per particolari doti, la personalità individuale e quella corporativa non appaiono chiaramente distinte, ma si intersecano in modo complementare. Da questo essere soggetto ad un tempo personale e comunionale viene particolarmente la possibilità di farsi interlocutore di Dio e di pregarlo non solo per sé, ma anche per gli altri.
   L’attenzione dello studio si concentra infine intorno ad un altro soggetto tematico dominante del frammento: si tratta della denominazione «padre» attribuita a Dio nella l. 16b e, presumibilmente, nella l. 26a. Per suo tramite viene espressa piena fiducia in Dio-padre invocato come creatore, forte e fedele al suo patto salvifico. Il tutto è foriero di un’esperienza di fede fortemente personalizzata nel Dio di Israele. Il frammento non è il solo a farsi portatore di questa sensibilità: altri testi qumranici recensiti mostrano che anche altrove la paternità divina viene proclamata a titolo personale. La rarità delle attestazioni rende però ancora più preziosa la presenza di questa prospettiva teologica che se non si può dire manifestasse il sentire religioso di tutto il gruppo di Qumran approssimativamente nel II sec. a.C., tuttavia doveva essere in esso presente. L’antologia di testi del Primo Testamento, tra cui eccellono le attestazioni ebraiche di Sir 51,1.10 e quelle greche di Sir 23,1.4, mostra inoltre come la teologia di 4Q372 1 si muova nell’ambito di una riflessione altrove agitata.
     L’intento di metterci a contatto diretto coi testi che ha animato il lavoro, possa contagiare di sé anche il nostro lettore proiettandolo nel vissuto di uomini antichi il cui cuore ed i cui pensieri erano solcati da passioni, timori e speranze non dissimili dalle nostre.