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DISSERTAZIONE DI DOTTORATO
[2000-01]

PAXIMADI Giorgio «Ed io dimorerò in mezzo a loro».
Linee interpretative di Es 25-31 a partire dalla struttura retorica del testo
Mod.: R.P. Pietro Bovati, S.J.

Il testo biblico di Es 25-31, a prima vista respinge il lettore e lo studioso con alcune caratteristiche non certo invidiabili. Si tratta infatti, di un testo estremamente problematico dal punto di vista della sua comprensione immediata, dedicato per una gran parte alla descrizione di realia di cui si è messa sovente in dubbio non solo l’esistenza, ma la stessa fattibilità; irto di termini tecnici, sovente hapax legomena , la cui interpretazione richiede un dispendio di fatiche e di erudizione spesso non appagato dai magri risultati della ricerca: insomma un insieme dal contenuto piuttosto arido e non attraente. A questa difficoltà, per dir così, «esteriore», se ne aggiunge un’altra, forse più determinante. Spentosi ormai da tempo in esegesi l’entusiasmo per le interpretazioni allegoriche, che aveva suscitato l’interesse di molti Padri della Chiesa, anche, evidentemente, sulla scorta di quanto si legge in proposito nella Lettera agli Ebrei, questi testi si sono trovati improvvisamente sprovvisti di ciò che li rendeva interessanti pur nella loro difficoltà, e sono rimasti quasi solo il paradigma di quella ritualizzazione sacerdotale fredda e tecnica, così invisa ed imbarazzante per l’uomo moderno. L’analisi svolta nel presente lavoro mostra invece che questi testi sono in realtà il risultato di una profonda visione teologica che ha interpretato riti liturgici, tramandati dalla più vetusta antichità, in funzione di una concezione della rivelazione di Dio e dei suoi rapporti con il popolo profondamente diversa rispetto a quanto troviamo nella religiosità delle popolazioni circostanti e, soprattutto, in totale accordo con il complesso del messaggio biblico.

Il metodo che si è applicato nella presente ricerca è quello della cosiddetta «analisi retorica», nel modello sviluppato dalle recenti ricerche di R. Meynet e P. Bovati. Si è ritenuto di applicare tale metodo nella convinzione che l’incontestabile presenza, nel testo, di fenomeni letterari che evidenziano una sua origine composita, non rende inutile la domanda relativa alle motivazioni che spinsero il redattore finale a dare al testo proprio quella forma che oggi leggiamo.

Lo scopo della dissertazione è quello di far emergere, tramite l’applicazione del metodo di analisi retorica ricordato poc’anzi, la strutturazione del discorso di YHWH contenuto in Es 25,1-31,17 e della sua cornice narrativa. A partire da quest’analisi si è tentato poi di evidenziare alcuni spunti interpretativi di natura teologica particolarmente espressi dalla strutturazione letteraria. La forma retorica del testo fa emergere in particolare dei rapporti tra i singoli oggetti di culto, i quali sono descritti in termini evidentemente legati tra loro da parallelismi e ricorrenze di vario tipo. È la scoperta di questi rapporti il contributo principale che l’analisi retorica dà allo studio di questo testo. Le motivazioni per la scelta del testo sono dettate dal desiderio di applicare la metodologia dell’analisi retorica su un testo di grandi dimensioni, evitando nel contempo di produrre un commentario retorico dell’intero libro dell’Esodo o di una sua parte rilevante, come accadrebbe se si prendesse in considerazione l’integralità dei cap. 25-40 del libro in questione.

Il fatto che, attraverso questo tipo di analisi, vengano portati alla luce dei rapporti tra gli oggetti descritti pone un problema interpretativo: il motivo per cui vengono istituiti questi rapporti non è esplicitato nel testo, il quale, d’altronde, è molto sobrio nel dare spiegazioni teologiche. Per interpretare questi fatti è stato necessario approfondire la ricerca mostrando lo sfondo religioso e culturale biblico e vicino orientale antico degli oggetti e dei riti che la struttura retorica pone in particolare rilievo, allo scopo di evidenziarne il significato originario, per poterne meglio valutare la rilettura e la reinterpretazione. Era infatti necessario ridonare al lettore moderno tutta una serie di conoscenze che dovevano essere scontate per i destinatari originali, ma che, oggi non più comprese, impediscono di apprezzare la novità e la profondità della reinterpretazione che l’autore sacerdotale dà alla tradizione cultuale in cui vive.

La metodologia applicata permette di evidenziare come a tutta l’elaborata costruzione letteraria osservabile nei capitoli del libro dell’Esodo presi in esame sia sotteso un consapevole sforzo interpretativo, volto ad armonizzare due necessità che potevano entrare tra loro in tensione: il desiderio di fedeltà alle forme antiche del culto e l’urgenza di proteggere la singolarità del Dio di Israele e del suo rapporto privilegiato con il suo popolo. Questa necessità ha indotto il redattore dei testi sulla Dimora, e certamente la corrente di pensiero nella quale viveva, ad un’operazione di rilettura dei dati liturgici tradizionali, per individuare il modo di trasmettere, per mezzo di essi, la sua fede in YHWH. Tale operazione dei rilettura è stata compiuta anche per mezzo degli strumenti retorici, oggetto della presente ricerca.