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DISSERTAZIONI DI DOTTORATO
2006-2007

DA SILVA Luís Henrique

«Io e il Padre siamo una cosa sola». Studio esegetico di Gv 10,22-39.

(Mod.: Prof. Johannes BEUTLER)

 L’affermazione «io e il Padre siamo una cosa sola» (Gv 10,30) –  pronunciata da Gesù in occasione dell’ultima controversia gerosolimitana con i «Giudei», sotto il Portico di Salomone, durante la festa della Dedicazione – è centrale per la comprensione dell’identità di Gesù Cristo, quale Figlio unigenito di Dio, e della sua missione come descritta nel quarto vangelo.

La dissertazione studia l’affermazione all’interno della pericope di Gv 10,22-39 e nel contesto dell’intero quarto vangelo.

Dimostrata la centralità di Gv 10,30 per la cristologia e la teologia giovannea e verificata la scarsità di studi sul testo, la ricerca indaga la comprensione dell’asserzione attraverso cinque capitoli così articolati:

Il primo capitolo, oltre ad affrontare le questioni preliminari attinenti alla collocazione della pericope nel vangelo, alla sua delimitazione, alla problematica testuale, all’analisi lessicale, sintattica e stilistica, alla traduzione e alla struttura, fonda la necessità di studiare il passo facendo riferimento a cinque chiavi ermeneutiche: Gv 20,30-31 come sintesi dello scopo soteriologico del quarto vangelo; Gv 1,1-18 come testo programmatico per la comprensione del Cristo giovanneo quale Logos preesistente; la discussione sul risultato delle ricerche sul probabile Sitz im Leben del quarto vangelo in vista della comprensione delle controversie gerosolimitane quali specchio di una fusione di orizzonti fra le ostilità vissute da Gesù e le ostilità vissute dai suoi discepoli; il ruolo delle Scritture di Israele in vista della comprensione dell’immagine del Cristo come compimento delle promesse soteriologiche fatte ad Israele; il ruolo delle proposizioni nominali come strategia letteraria per la comprensione delle questioni riguardanti l’identità e l’origine di Gesù, ma anche di coloro che credono o rifiutano di credere in lui.

Il secondo e il terzo capitolo contengono l’analisi esegetica vera e propria di Gv 10,22-39. Il secondo capitolo analizza i vv. 22-31 mentre il terzo studia i vv. 32-39. La metodologia usata nell’indagine esegetica cerca di unire sincronicamente e diacronicamente la comprensione del mondo dietro, dentro e davanti al testo come ricerca complessiva delle varie dimensioni apparse nel corso dell’analisi. In questo senso vengono affrontate delle difficoltà di tipo narrativo, argomentativo e semantico, ma anche teologico. Se nella maggioranza dei casi le difficoltà vengono affrontate sincronicamente, nel caso della comprensione dello sfondo della festa della Dedicazione, dell’accusa di bestemmia, della predestinazione, dell’attesa messianica, della crux interpretum «voi siete dèi» (Sal 82,6) si rende necessario un approccio di tipo diacronico.

Poiché la questione dell’identità di Gesù, filo conduttore del brano, è risolta attraverso l’impiego della terminologia della filiazione divina e ciò porta gli interlocutori di Gesù ad accusarlo di bestemmia, nel quarto capitolo si realizza un contrasto contestuale e si individua un parallelo con Gv 19,7 e 5,18 dove si ripete la medesima denuncia. Dal momento che in Gv 19,7 tale accusa è presente nel contesto del processo che ha portato alla condanna a morte di Gesù, si affronta la questione del genere letterario di Gv 10,22-39, che viene definito una lite bilaterale (rîb), mentre si propone un raffronto testuale della pericope in esame con il processo contro Gesù, presente nei sinottici, le cui somiglianze, di tipo strutturale, lessicale e tematico nei confronti del testo giovanneo, sono significative. In un secondo momento si passa all’analisi di Gv 5,18 nel contesto di Gv 5,1-47 i cui paralleli lessicali e semantici rispetto a Gv 10,22-39 sono innegabili, quindi si esamina il discorso di Gv 5,19-30 che illumina e chiarisce il senso dell’affermazione di Gv 10,30. Infine, in dialogo con gli autori che hanno sviluppato la ricerca degli ultimi decenni, si discute se la concezione giovannea della filiazione divina di Gesù possa essere compresa come contraria al monoteismo ebraico o addirittura eretica.

Nel quinto capitolo si riprende in esame la citazione di Gv 10,30, alla luce della ricerca svolta nei capitoli precedenti, al fine di situarla nell’orizzonte della finalità del quarto vangelo, in particolare della sua soteriologia. In questa sede si verifica che la speciale comprensione di Gesù quale «Figlio unico di Dio», in connessione con la comprensione della sua particolare unità con il Padre, si rivela il Was della rivelazione cristologica giovannea. L’immagine di Gesù quale Figlio e quella di Dio quale Padre fonda la cristologia del Figlio, il frutto più maturo della cristologia dell’evangelista, la quale si rivela come «cristologia soteriologica della relazione». In altre parole, la relazione del Padre col Figlio non è rivelata in vista della stesura di un trattato teologico sistematico, ma in vista della salvezza di tutti coloro che credono in Gesù, il Cristo, il Figlio di Dio affinché, credendo, abbiano la Vita.