logo e scritta

DISSERTAZIONI DI DOTTORATO
2022-2023

CASNEDA Alessandra

Giovanni 20. Uno studio narrativo

Mod.: Prof. R.P. Jean-Noël ALETTI

    Gv 20 si è trovato al centro di svariate discussioni, compresa quella relativa al ruolo del vedere nella nascita della fede pasquale: si crede vedendo o non vedendo il Risorto? I protagonisti dei racconti pasquali godono tutti di un’esperienza di visione del Risorto o perlomeno dei suoi segni, ma il macarismo di 20,29 dichiara fonte di una felicità più che desiderabile la fede che nasce in assenza di visione. Inoltre, il finale di 20,30-31 presenta il Quarto Vangelo come una selezione di segni compiuti da Gesù finalizzati al credere del lettore. Questi, pertanto, pur non potendo più fare esperienza del Gesù terreno, potrà però credere sulla base dei segni raccontati nel libro. Ma è possibile credere in questo modo? La questione appare cruciale per il lettore di un vangelo che fin dai primi versetti afferma che la gloria di Dio si è fatta visibile nella carne del Logos. Quando Gesù, il Logos incarnato, non sarà più fisicamente presente, sarà ancora possibile credere in lui allo stesso modo in cui credettero quelli che lo videro con i propri occhi? Lo studio intende fare chiarezza mosso da un’ipotesi: nel momento in cui l’autore si appresta a chiudere il proprio libro con i racconti della risurrezione, mette precisamente a tema la questione di come si potrà ancora credere in Gesù nel tempo successivo al suo ritorno al Padre.
    L’analisi narrativa – alla cui strumentazione è dedicato il cap. 1 – si dimostra utile fin dall’impostazione della ricerca. L’applicazione della distinzione dei livelli discorsivi ai tre incisi che riguardano il racconto giovanneo (19,35; 20,30-31; 21,24) stabilisce che se ai personaggi del libro spetta di vedere e credere, al lettore spetta di leggere e credere sulla base dei segni compiuti da Gesù raccontati nel libro. Una tale comprensione solleva due difficoltà – le due vere difficoltà che si affacciano allorché si intenda chiarire la questione del rapporto fra vedere e credere in Gv 20 –, dettando al contempo le linee guida dello studio: (a) che ruolo svolge la visione del Risorto nel percorso di fede dei personaggi del libro? (b) Cosa significa che il lettore potrà appoggiare la sua fede sui segni contenuti nel libro? Per rispondere si rende necessario stabilire in che modo si articola il rapporto fra vedere e credere lungo lo sviluppo degli intrecci e i percorsi dei personaggi (livello intradiegetico) e poi valutare l’effetto che hanno sul percorso del lettore le tecniche adoperate per raccontarli (livello extradiegetico).

    Seguendo questa impostazione per l’analisi di tutti e quattro gli episodi di Gv 20 (cap. 2-5) e di 20,30-31 (cap. 6) si può arrivare a due conclusioni principali.
    (1) Gv 20,24-29 mette a tema e risolve la questione del credere e vedere nel tempo post-pasquale: il lettore potrà credere che Gesù è il Cristo il Figlio di Dio sulla base dei segni raccontati nel libro per sperimentare la felicità riservata a coloro che crederanno senza aver visto e ricevere la vita divina promessa a tutti i credenti.

    (2) Per preparare il lettore ad accogliere una simile proposta i racconti del primo giorno (20,1-10; 20,11-18; 20,19-23) narrano i fatti relativi alla risurrezione di Gesù in modo da (a) mostrare ruolo e limite del vedere nelle primissime esperienze di fede nel Risorto e (b) coinvolgere il lettore in una cooperazione di lettura capace di renderlo competente in vista della decisione che sarà invitato a prendere quando, alla fine del libro, sarà posto dinanzi alla sua spiegazione di intenti e dovrà decidere se accoglierne la testimonianza e credere che Gesù è il Cristo il Figlio di Dio.