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DISSERTAZIONI DI DOTTORATO
2007-2008

AHN So Kun (Sr. Silvia)

I Salmi 146-150 come conclusione del Salterio

(Mod.: Prof. Gianni BARBIERO)

Il lavoro vuol mettere in evidenza l’unità del salterio, proponendo una lettura coerente dell’intero libro alla luce della sua conclusione. L’esegesi dei singoli salmi (parte I) è fatta allo scopo di avere un orientamento per una lettura unitaria del libro (parte II).
     Nell’approccio canonico al salterio il tema della regalità gioca un ruolo fondamentale. Nei Salmi 146-150 il regno di Dio si manifesta anzitutto nell’attenzione per i poveri, ponendosi in continuità con la creazione: il Dio creatore, che domina l’ordine cosmico, è anche il garante dell’ordine sociale. Nella salvezza dei poveri si manifesta la regalità di Dio, che tutti i viventi sono chiamati a riconoscere. Il momento decisivo di tale riconoscimento viene descritto come un giudizio escatologico. Così, la meditazione sapienziale sul mondo creato sfocia nell’annunzio del regno di Dio, che salva i poveri mentre giudica i grandi della terra.
     Nella composizione del libro V del salterio, salmi davidici e salmi alleluiatici si alternano. L’ultimo gruppo di salmi alleluiatici, i Salmi 146-150, appare essere opera dei redattori, che hanno lasciato la loro impronta nell’uso ricorrente di hllw-yh. I salmi davidici, invece, riprendono la figura di Davide dai libri I-III. Cioè, i redattori del libro V hanno accolto nella loro composizione, che si concludeva con i salmi alleluiatici, questa figura tradizionale. D’altro canto, la presenza di salmi reali nel libro V (Salmi 110; 132; 144) è significativa. In questi salmi si coglie infatti una dimensione escatologica e messianica, che li rende compatibili con la regalità di Dio proclamata nel libro IV. Questa dimensione si riscontra anche nei salmi reali dei libri I-III.  
     L’interpretazione messianica dei salmi reali nei libri I-II (Salmi 2; 72) e una nuova interpretazione del Sal 89 (alla fine del libro III) conducono a una lettura più coerente del salterio. In realtà, negli studi più recenti sul salterio frequentemente si contrappongono due parti maggiori, con due temi distinti: i libri I-III, caratterizzati da una prospettiva messianica, e i libri IV-V, caratterizzati da una prospettiva teocratica. Il libro V mostra invece che i due aspetti sono messi l’uno accanto all’altro. E, dal momento che la composizione di questo libro riflette l’intenzione della redazione finale, è logico ritrovare questa stessa caratteristica in altre parti del salterio. In conclusione, contrariamente a una diffusa opinione, il salterio si rivela essere non il testimone del fallimento della dinastia davidica e di una speranza nel regno di Dio che esclude il ruolo del messia, ma l’espressione della speranza in un regno «di Dio e del suo messia», in cui si condensa l’attesa dei poveri.